LA VAL CODERA

     La Val Codera è straordinaria fin dal suo inizio.

     Quando pensi ad una valle alpina la immagini stretta o larga, rocciosa o verde; la immagini comunque "che si apre" alla vista dal suo inizio. Questa no; al contrario di tutte le altre, non la vedi !!

     E subito capisci il senso di quella breve leggenda tramandata dai vecchi di qui che dice che il Buon Dio la fece prima di ogni altra, quando non era ancora sufficientemente esperto, o per ultima, quando stanco per aver fatto tutto il creato, usò quel gli era rimasto....

     Salendo infatti da Novate Mezzola, dalla sponda del lago omonimo e dalla Statale dello Spluga, alla frazione di Mezzolpiano, dove finisce la strada e comincia il sentiero della Valle, ci si trova alla base di un immane roccione granitico che serra la valle e te la nasconde; Per entrarci bisogna salire lassù, attraverso una strada che ti annunciano terribile, intagliata nelle rocce e con infiniti gradini di ogni altezza.

     Devi scalinare infatti per una buona mezzora per sentirti "dentro la valle"; siamo molto in basso: si lascia l'asfalto a quota 300 (la Stazione di Novate Mezzola, sulla linea Colico Chiavenna, è quasi in riva al lago, a poco più di 200 mt. un cartello ti informa sulle località raggiungibili, un altro ammonisce severamente i (forse troppi) turisti sulla sufficienza con cui sono stati affrontati i problemi dei valligiani; il segnavie bianco e rosso avverte che stiamo davvero iniziando un sentiero di montagna.

     Entri in una boscaglia di robinie; superi subito i resti del Forte Spagnolo e dopo un quarto d'ora la prima cappellina dei Sassei; si percorre il bosco ombroso alzandosi velocemente; si attraversano le antiche cave di granito con i fili di acciaio tesi e i massi minacciosamente sospesi nel vuoto; senti il fiume che scorre in fondo, ma non lo vedi perchè stai camminando su un dirupo verticale; solo da poco i punti più pericolosi sono dotati di un corrimano di fili d'acciaio; il lago che hai davanti a te o dietro, secondo la direzione degli strettissimi tornanti, si allontana sempre più velocemente là sotto; si giunge alla Cappella del Suradoeu, dove è d'obbligo la prima sosta e apprezzi la funzione di una "pòsola", una sasso sistemato per appoggiare il gerlo carico senza toglierlo e riposare un momento la schiena. Durante la sosta ti godi una splendida vista del lago di Mezzola e di quello di Como.

     Ora la strada scende a picco in fondo ad un vallone per poi risalire di nuovo nel bosco di castagni, per scendere e risalire ancora; Codera appare e scompare più volte alla vista; ad un certo punto il sentiero, tagliato nel fianco ripido della montagna, è protetto da un sistema di bassi (e bruttissimi) paravalanghe in cemento armato; il sentiero era soggetto ai capricci dei torrentelli da letto molto instabile che, specie nei temporali estivi, portavano a valle massi e .... sentiero.

     Da qui si sale alla Cappelletta  dei Mut; pochi minuti e siamo al cimiterino di Codera, dove riposano i Dal Prà e i Penone (le principali famiglie della valle); l'ultima rampa a ti appare l'abside bianca della Chiesa Parrocchiale di San Giovanni (fondata nel '600) di Codera, a fianco della Casa Canonica; entriamo nella piazza del paese dominata da campanile e da un gigantesco tiglio.

     Sulla piazza si affaccia la casa di valle, solida costruzione degli anni '60 in cemento armato, costruita per essere la scuola elementare della valle e mai finita come tale; recuperata e finita nel 1981 dall'Associazione "Amici della Val Codera" è diventata insieme a diverse case disabitate, il nucleo di ospitalità nel paese. Siamo a soli 825 metri, ma l'atmosfera è di alta montagna.

1957 - Capanna Brasca in Val Codera

Attorno alla Cappellina dedicata a San Paolo

     Il paese è molto allungato; passando stretto tra case o in spiazzi erbosi o vicino agli abbeveratoi, si sente il canto incessante del torrente che scorre in fondo alla valle, invisibile fra rocce e castagni. Si passa il bivio della strada che scende al ponte della Mutta, che porta sull'altro versante, al borgo del Cii e poi verso la Val Ladrogno o verso il Tracciolino.

     Poi dirò delle meraviglie geologiche che lasciamo là sotto.

     Si passa anche vicino alla stazione della preziosa teleferica che corre lungo il torrente per portare materiali dal fondovalle.

     Passa Corte, l'ultimo gruppo di case del paese, dove c'è un prato ove è possibile campeggiare (il primo dalla partenza di Mezzolpiano), la valle si allarga, ma torna arida e sassosa; si passa presso la "presa", la piccola diga che alimenta la centrale idroelettrica di Campo Mezzola. Qui inizia il "Tracciolino", un sentiero che fu la sede di una ferrovia a scartamento ridotto utilizzata per la costruzione della diga, perfettamente orizzontale come curva di livello, a quota 900, lungo 12 km. che segue la valle lungo il lato sinistro in tutti i suoi anfratti fin sopra Verceia, in Valle dei Ratti.

     Il sentiero sale verso l'aspro dosso delle Saline che deve il suo nome forse alla grande ganda (frana sassosa), formata dal lavoro di due torrentelli che qui congiungono al Codera.

     Ormai il sentiero segue il torrente a volte alzandosi, a volte costeggiando le rive sassose permettendoci di vedere qualche "marmitta dei giganti", a volte attraversandolo; dopo le Baite di Saline e quelle di Piazzo, continua nella ampia valle glaciale che si stringe poi all'improvviso in una strozzatura (il nome della località non poteva che essere "la Stoppadura"; in una bella baita a fianco del sentiero, abita la Romilda dal Prà, la donna simbolo della orgogliosa dignità della valle e dei valligiani, scrittrice autodidatta e poetesse dallo stilo molto asciutto e immaginoso.

     Ma subito dopo la valle si riallarga e arrivi alla splendida piana di Brescadiga, ricca di acqua e pascoli, il secondo nucleo della valle, con belle case ed una ex casermetta della Guardia di Finanza, posta qui a vigilare una delle vie del contrabbando, la povertà della condizione e le scarse risorse spingevano infatti molti giovani (ancora negli anni '60) al mestiere di spallone, trasportatore di bricolle cariche di sigarette (e altro) di contrabbando, provenienti dalla Svizzera attraverso il passo della Teggiola.

     Salendo vedi il bosco cambiare seguendo l'altezza; hai lasciato ormai i castagni, cammini dentro e a fianco degli ontani, poi incontrerai abeti e larici; a Brescadiga in primavera è il trionfo dei crecus, con numerose sfumature di colore.

     Si guardi bene fra gli alberi, oltre il bosco fitto puoi intravedere la macchia bianca della capanna Brasca. Siamo infatti vicino alla piana di Coeder, al centro della valle (altidudine mt. 1300); il sentiero attraversa un reticolo di torrentelli che alimentano un sottobosco da favola, vivacizzato (quando è la stagione) da migliaia di rosse amanite, da cui ti aspetti di vedere uscire i nanetti e gli gnomi.

     Il grande circo roccioso dell'Alpe Coeder è uno spettacolo fra i più maestosi delle Alpi: boschi, nevai e (un tempo) piccole vedrette di ghiaccio, cime e impressionanti ripide pareti dell'Oro, del Ligoncio e della Sfinge, guglie e massi erratici (famoso per le sue dimensioni e per la forma pressochè a parallelepipedo, quella del bivacco Valli), cascate nelle quali i torrenti cantano la loro canzone.

     La valle potrebbe concludersi, ma siamo circa a metà perchè i passi che immettono nelle altre valli sono a quattro ore di cammino, a 2500 metri.

     Se hai la possibilità di vivere qui l'intero volgere di un giorno, l'alba che infiamma i nevai del Gruf, il mezzogiorno con il sole che ti brucia, la sera che inquietamente ti invita al magone e soprattutto la notte piena di stelle che ti culla i pensieri al canto delle cascate e ti fa sentire piccola creatura di un padre buono che senti lì vicino....., se riesci a vivere tutto questo in un attivo abbandono in una delle espressioni più compiute e splendide della natura, avrai fatto una esperienza tra le più intense se non unica della tua vita; quella di sentirti creatura in pace con il Creatore.

     Se vuoi proseguire, da qui in poi, dopo il nucleo ormai abbandonato di Codera Alta, in valle trovi solo baite isolate e alpeggi, non più nuclei di stabile dimora; sia che si salga all'Alpe Sivigia verso ovest (verso la Val Chiavenna e il passo della Teggiola) o dell'Alpe Averta verso est (verso il difficile passo dell'Oro) la valle si fa più silenziosa e solitaria, si sale per ripide balze agli alpeggi estivi più alti, ma se percorri questi sentieri nel momento della fioritura dei prati e del sottobosco, credi di non essere più in terra; corri il rischio di sentire la voce degli angeli.

     Visto che siamo nella parte alta, potresti aguzzare la vista e scrutare fra i sassi; non sarà difficile scoprire fra i ciotoli delle "gande" dei cristalli rosso scuro che faranno pensare al rubino; specie a Sivigia e più su, molti geologi e mineralogisti hanno raccolto esemplari notevolissimi di granati e tormaline; molto belle sono certe vene di pegmatiti con grossi cristalli di mica bianca, argentea, che qui chiamano "i specc" (specchi). E se tornando hai un po' di tempo, chiedi alla casa di valle di poter visitare il piccolo museo a Codera, ne uscirai stupito per la calda umanità che viene da quegli oggetti poveri ed ingegnosi; vedrai sorprendenti esemplari di minerali ed avrai le indicazioni per osservare i massi erratici vicini al paese e le marmitte dei giganti lungo il torrente verso la Val Ladrogno

     Per questi sentieri hanno vissuto i momenti più intensi di spiritualità centinaia di capi che hanno fatto i campi scuola (RS specialmente) sia molti clan in route.

     La Val Codera è per la sua natura, la varietà dei paesaggi, la pace del suo isolamento molto adatta alla vita scout, è congeniale alle attività più rudi, quelle che ti mettono alla prova il fisico e lo spirito.

La Val Codera e gli Scout

     Fu un'Aquila Randagia (cioè una Scout di quel Reparto che fece attività clandestina a Milano nel periodo di dominazione fascista, dopo lo scioglimento dell'A.S.C.I. nel 1928) Gaetano Fracassi a scoprire la valle e portarvi i primi scout; per poter fare scoutismo di nascosto questo luogo impervio, isolato e di difficile accesso (anche per la Polizia....) era ideale.

     Ma ancor più utile fu lo spirito di indipendenza e di libertà della gente, che accolse dal 1935 in poi questi ragazzi desiderosi di libertà, che già con le loro uniformi erano una continua sfida alla dittatura dello Stato. Se hai sentito qualche vecchio scout cantare quella nenia struggente de "La lune delle vette", sappi che è stata composta attorno ad un fuoco di bivacco proprio lassù vicino a Capanna Brasca.

     Ben presto l'amicizia con la gente della valle divenne condivisione di una condizione umana e civile molto dura; dopo il 1945 quei ragazzi, diventati adulti, non solo hanno mantenuto i rapporti e li hanno intensificati, concretamente operando perchè in valle venisse data l'energia elettrica, la teleferica e poi il telefono; se qualche valligiano si ammalava veniva portato a curarsi a Milano; si sposavano dei coderesi e nasceva un bambino ? I celebranti venivano spesso assistiti dal Campo Scuola o il famoso Baden (Don Andrea Ghetti) che fu l'anima di questa amicizia che la valle e con i valligiani, amato da tutti come e più di un pastore.

     Attraverso gli Scout la conoscenza e l'amore per la valle, che prima era nota solo agli alpinisti di razza (la parte alta della valle è collegata alle Alte Vie delle Alpi e in particolare al Sentiero "Roma") e ai mineralogisti, si è sparsa in tutta Italia; la sua conoscenza si è diffusa e la frequentazione si è allargata, soprattutto in occasione della moda ecologista che spinge molti a cercare i "paradisi perduti" o i "luoghi intatti" da conservare.

     Probabilmente questa "invasione" (l'80% dei turisti si ferma a Codera) specialmente da parte di persone meno preparate e attente, accompagnata anche da un calo di stile degli Scout stessi, hanno provocato una sensibile diminuzione di "feeling" con la popolazione della valle; limitazioni al campeggio, ospitalità negata nelle baite, atteggiamenti sospettosi, colpevolizzazioni anche per fatti provocati da altri.

Cime dell'Alta Val Codera

dai pascoli della Capanna Brasca

     Oggi la situazione è mutata anche da parte dei valligiani; gli abitanti stabili sono ridotti a poche unità nella sola Codera; d'estate la popolazione aumenta per attendere ai lavori agricoli e al bestiame; molti hanno però lasciato definitivamente la valle e comincia a segnalarsi l'abbandono dei prati e il degrado delle baite.

     Gli Scout continuano testardamente a salire gli scalini di pietra verso Codera, sia perchè fedeli alla tradizione, sia perchè credono che la strada, anche quando è faticosa, conduce a mete di libertà e di crescita umana e cristiana. Per questo desiderano che la Val Codera resti per loro un luogo amico ed ospitale.